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La storia siamo noi... del Viganò

L'avventura di Stanisław Kowalski, sopravvissuto ad Auschwitz (seconda parte)

22.05.2023 | Storia, Memoria, Progetti, Resistenza

Victoria Minini (5D)

Nella puntata precedente, Victoria, dopo aver descritto il lager di Auschwitz, ha raccontato il viaggio di Stanisław Kowalski, il suo bisnonno, fino al drammatico approdo presso il più tristemente famoso campo di annientamento allestito in Polonia dai tedeschi.

Il lavoro nel lager: Stanisław si ammala

Una volta messi nelle loro baracche, i prigionieri “sani” venivano incaricati di costruire altre baracche, sempre in muratura, per gli altri prigionieri e soprattutto venivano usati per alzare di piani le baracche già esistenti.
Il mio bisnonno si occupava proprio di questo. Egli disse che le costruzioni iniziali vennero fatte con i mattoni delle case dei polacchi, che vennero cacciati da quella zona per permettere la costruzione di Auschwitz. .
Nel frattempo, venne separato dal suo amico, che si occupava sempre della costruzione delle baracche, ma venne messo in un altro stabilimento.
Stanisław aveva già dal primo giorno il pensiero fisso di scappare in qualche modo, anche se tutti dicevano che era una cosa praticamente impossibile. Dopo pochi mesi aveva già capito un po' come si muovevano i nazisti, i guardiani e i vari comandanti e come funzionava il sistema di monitoraggio e controllo dei detenuti.
Ciò gli fu fondamentale per pianificare qualche modo di evadere da quel luogo orribile. Infatti, a causa delle scarse razioni di cibo che gli venivano concesse, delle condizioni igieniche inesistenti e dell’eccessivo carico di lavoro, ad un certo punto anche il mio bisnonno si ammalò di polmonite e sicuramente non gli avrebbero dato delle medicine. Siccome era malato, ovviamente era più debole e per qualche giorno sarebbe stato indisponibile per lavorare. Le guardie non ci avrebbero messo molto a sbarazzarsi di lui, essendo praticamente inutile. Infatti lui era ogni giorno più debole e, guarda caso, iniziò a notare che le sue razioni di cibo andavano via via diminuendo. Ciò significava che presto sarebbe stato ucciso, siccome i nazisti diminuivano le porzioni di cibo ai malati.

Diario di Gusen

Aldo Carpi, Diario di Gusen, Ritratto dell’architetto Gian Luigi Banfi nell’ospedale di Gusen

Stanisław pensa ad un piano per salvarsi

A questo punto a Stanisław riuscì a pensare solo a come salvarsi. Lui sapeva che quando c’erano gli incendi bisognava mettersi un panno umido sul viso, per non respirare il fumo tossico. Così pensò che avrebbe funzionato anche con il gas delle camere a gas, o anche dette “docce”. Casualmente, uno di quei giorni, Józef si fece male cadendo da un edificio durante i lavori, e venne collocato nella stessa capanna dove si trovava Stanisław, essendo una specie di “baracca dei malati”.
Il mio bisnonno riferì del suo piano al suo amico e insieme iniziarono a prepararsi ad essere chiamati tra quelli che da lì a breve avrebbero dovuto “farsi la doccia”: siccome il mio bisnonno capiva già un po’ di tedesco, essendo comunque sempre i soliti comandi, e sentì che le guardie stavano chiamando i prigionieri per disporli in fila e scegliere coloro che sarebbero stati uccisi, si strappò le maniche del pigiama che indossava, cosa che fece anche Józef, e ci orinarono sopra per inumidirle, non avendo a disposizione dell’acqua. Poi appallottolarono queste pezze e le nascosero sotto le ascelle, per far sì che i nazisti non le vedessero. Poco dopo, vennero chiamati fuori a disporsi nelle file e questa volta il pollice per loro segnò di dirigersi a destra, ossia con chi veniva diretto verso le camere a gas. Tutto ciò avvenne durante aprile o maggio del 1941, perché c’era già un timido sole che riscaldava lievemente e il bisnonno dedusse fosse primavera.

Diario di Gusen

Aldo Carpi, Diario di Gusen

Stanisław e Józef vanno alle docce

Durante il tragitto verso le cosiddette “docce”, le persone non potevano sostenersi l’una all’altra, altrimenti sarebbero stati fucilati all’istante. Appena arrivati nella stanza che precedeva le camere a gas, ai detenuti veniva dato l’ordine di spogliarsi, siccome avrebbero avuto il permesso di fare una doccia. Molti di loro non sapevano del destino che li stava attendendo, mentre altri, chiamati Sonderkommando, ne erano già a conoscenza, perché erano obbligati a collaborare con le autorità nazionalsocialiste all'interno dei campi di sterminio ed erano incaricati di rimuovere i corpi dei cadaveri dalle camere a gas dopo l'avvenuta gasazione.
Appena entrati nella camera a gas, il mio bisnonno e il suo amico si coprirono il volto, in particolare naso e bocca per proteggere le vie respiratorie, con i pezzi di stoffa che avevano portato con sé. Stanisław ha reso noto che la procedura della “doccia” durava dai cinque a massimo sette minuti, siccome la gente che entrava nella camera a gas era già di per sé talmente debole e malata che non sarebbe riuscita a sopravvivere di più.
Una volta terminate queste docce, il mio bisnonno e Józef si finsero morti, mentre i Sonderkommando caricavano i cadaveri su delle carriole e gettavano i corpi nelle fosse comuni, scavati sempre dai prigionieri. In una di queste venne gettato anche Stanisław. Quest’ultimo raccontò che faceva molta fatica a respirare, essendo schiacciato dal peso degli altri cadaveri, ma ebbe la fortuna di essere stato uno degli ultimi corpi ad essere depositato nella fossa, il che significava che sopra di lui c’erano abbastanza corpi da permettergli ancora di riuscire a respirare. A questo punto, pregò di riuscire a sopravvivere fino a quando fosse calato il buio, per poi cercare di fuggire nel bosco.
Fu quello che fece: appena scesa la notte, iniziò a fare il verso del gufo, il segnale convenuto per Józef. Avrebbero capito che erano entrambi vivi, per poi fuggire insieme. Mentre si trovava nella fossa, Stanisław, ogni tanto, provava a fare il verso del gufo per vedere se il suo amico fosse ancora vivo. Gli sembrava di sentirlo, un po' lontano, ma comunque lo sentiva. Infatti, per questo, nel corso degli anni, ha sempre vissuto con la speranza di riabbracciare il suo amico, che in qualche modo, come lui, era riuscito a scappare.
Si diedero appuntamento nel paesino di Stanisław, nel caso in cui non fossero riusciti a scappare insieme.

(fine seconda puntata)

Diario di Gusen

Aldo Carpi, Diario di Gusen

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