Primo incontro nell’ambito delle iniziative proposte dalla Rete di scopo, che ha come capofila l’Istituto “Graziella Fumagalli” di Casatenovo
“Spero che questi incontri non siano finalizzati alla verifica, ma rappresentino altrettanti momenti di crescita all’interno della vostra vita”. Questo il commento del prof. Dario Crippa, Dirigente dell’Istituto “Alessandro Greppi” e reggente dell’Istituto “Graziella Fumagalli”, che ha introdotto il primo appuntamento nell’ambito del progetto messo in campo dalla “Rete di scopo per l’educazione alle differenze nell’ottica della prevenzione e contrasto ad ogni forma di estremismo violento”.

Nell’Aula magna dell’Istituto superiore di Monticello Brianza, dalle ore 9 alle 13 di giovedì 12 ottobre, si sono dati appuntamento studenti di tre scuole: oltre ai padroni di casa, rappresentati dalla 4 KA (Chimico), 4 SB (Scienze umane), hanno partecipato all’evento la classe 4 C (RIM) del “Viganò”, la 4 E (Socio sanitario) e la 4 B (Enogastronomico) del “Fumagalli” di Casatenovo. I docenti coinvolti nel progetto sono: le prof.sse Maria Luigia Bassani e Santina Messina (Fumagalli), la prof.ssa Stefania Brigatti (Viganò), i professori Ruggero Scalzo, Antonella Zardoni e Edoarda Brambilla (Greppi).

Il film proposto alla visione e al successivo dibattito è stato “Il diritto di uccidere” (“Eye in the sky”, UK, 2015 di Gavin Hood). Il tema trattato, ovvero la risoluzione dei conflitti, è stato illustrato ai presenti dal prof. Michele Brunelli, docente presso l’Università degli Studi di Bergamo, dove è titolare di un corso di “Politica, comunicazione e società del Medio Oriente”, e di un Master di prevenzione e contrasto del terrorismo, rivolto a docenti e forze dell’ordine.

Brunelli ha esordito ricordando l’attentato alla sede del giornale satirico “Charlie Hebdo”, avvenuto a Parigi, nel 2015, che provocò 12 morti e 11 feriti. “Può sembrare qualcosa che non ci riguarda” – ha commentato – “poiché è lontano nel tempo e nello spazio”.
In realtà, ha aggiunto, nello scorso maggio, la Digos (acronimo di “Divisione investigazioni generali e operazioni speciali”), ha arrestato un diciassettenne di Bergamo, il quale stava preparando ben tre attentati terroristici: bruciare un bosco frequentato da coppiette e contestualmente agire in un ristorante, facendo saltare due ripetitori per rallentare i soccorsi.
Questo ci dimostra che le dinamiche estremiste, in realtà, sono molto vicine a noi.
Di seguito, sono stati proiettati alcuni minuti di un altro film “American sniper” (USA, 2014 di Clint Eastwood), basato sulla storia vera di un cecchino (sniper), Chris Kyle, poi imprenditore.
Mentre in passato i soldati erano in prima linea in ogni fase di un conflito, ora la guerra al terrorismo si conduce soprattutto con i droni, che sostituiscono gli esseri umani: è infatti la tecnologia a determinare le sorti dei conflitti, come è successo nella Seconda guerra del Nagorno-Karabakh, vinta dall’ Azerbaigian sull’Armenia, proprio grazie ai droni. Su queste tecnologie gli Stati investono parecchi miliardi, pur di evitare di mandare uomini a morire.

La moderna lotta al terrorismo, quindi, non richiede coinvolgimento fisico, ma viene combattuta nelle caserme, da operatori che stanno davanti ad uno schermo. Il soldato diventa estraneo alla morte che infligge, diversamente dal cecchino, che si pone il problema di tirare il grilletto e colpire anche civili, donne e bambini. In particolare, nel film “Il diritto di uccidere”, ambientato in Kenya, alcuni fondamentalisti islamici – tra cui una donna di nazionalità britannica e un cittadino statunitense – vengono intercettati in una casa, mentre stanno organizzando un attentato. Nonostante sia stata decisa la loro eliminazione, considerata l’impossibilità di procedere all’arresto, la missione rischia di fallire per una presenza inaspettata, che pone agli esecutori materiali dubbi di natura etica e morale.
Conclusa la proiezione, è stato dato spazio al dibattito, animato dal dott. Luca Guglielminetti, membro della RAN (Radicalisation Awareness Network) della Commissione europea e collaboratore del prof. Brunelli.
Guglielminetti ha chiesto agli studenti presenti di scrivere tre emozioni provate durante la proiezione.
“Tensione, tristezza, rabbia” sono state le risposte più ricorrenti: al microfono, si sono avvicendati ragazzi e ragazze dei tre Istituti. Insieme hanno avuto modo di riflettere su importanti questioni, quali il negato accesso al gioco e all’istruzione delle bambine, i pregiudizi verso l’educazione occidentale (l’organizzazione terroristica Boko Haram, attiva in Nigeria, rimanda ad una locuzione che significa “l’istruzione occidentale è proibita”), la rinuncia ai diritti fondamentali pur di avere ordine e disciplina, la dimensione globale dei conflitti, ecc…
Di seguito, sono state poste alcune domande alle quali i relatori presenti hanno puntualmente risposto.
In conclusione, il prof. Brunelli si è soffermato sulle cause che possono spingere un individuo ad abbracciare il terrorismo: esse sono spesso personali, legate alla mancata integrazione e alla conseguente volontà di rivalsa, soprattutto da parte dei ragazzi di seconda generazione; un ruolo rilevante hanno anche i “predicatori”, che reclutano online le loro vittime (Imam Google). Non meno determinante è la reazione a quello che si vede in Rete: spesso si tratta di video falsi, volti ad alimentare la propaganda e a suscitare reazioni forti. Far parte di una formazione militare ed impegnarsi in azioni “virili” in un gruppo di pari, dà soddisfazione ai terroristi o aspiranti tali.
Un discorso a parte, infine, meritano le donne, che dall’Occidente decidono di recarsi in zone di guerra, spesso seguendo i propri compagni. A questo proposito esiste una interessante serie Netflix, “Califfato”.
Terminato l’incontro, gli studenti si sono congedati meditando sugli spunti ricevuti. Il prossimo appuntamento consisterà nella presentazione del libro “Io non sono nero” di Aziz Sawadogo, studente universitario, il quale tratterà i seguenti temi: pregiudizi, conflitti e seconde generazioni.