“Bambino” è il soprannome che gli squadristi affibbiano a Mattia, viso da fanciullo, ma ferocia da boia. Siamo a Trieste, prima metà del Novecento. Ai drammi collettivi – dallo scoppio della guerra, ai nazisti in città, fino all’occupazione jugoslava e alle foibe -nsi aggiunge il dramma personale del protagonista: Mattia cerca la sua vera madre, senza poter contare sull’aiuto di suo padre, un vecchio orologiaio, ostinato nel suo silenzio.
Dopo il pluripremiato “Resto qui” (2018), Marco Balzano si cimenta con un nuovo grande romanzo storico e civile, attraverso il quale indaga il rapporto tra individuo e collettività, attraverso le scelte personali, che si intrecciano inevitabilmente con la grande Storia. Perché “La vita è aggredire o difendere, distruggere o prendersi cura”.
Perché leggere “Bambino”? «È ingrata e deludente la vendetta, anche contro un bastardo. È solo violenza senza giustizia. Credimi, dove c’è sangue non può esserci nient’altro che sangue».
La frase che Mattia rivolge ai suoi giustizieri è illuminante per inquadrare la spirale della violenza che travolse il confine orientale: dalle violenze perpetrate dai fascisti che imposero l’italianizzazione forzata alle minoranze slave, al macabro regolamento dei conti attuato dai partigiani titini, che infoibarono gli italiani.
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